Soft (s)Kills

Carla G
4 min readJun 18, 2020
https://www.dolcevitaonline.it/in-un-mondo-malato-i-sani-di-mente-vanno-dallo-psicologo/omologazione/

The neurocognitive ability to recognize and share the mental states of others is crucial for our emotional experience and social interaction

Chiunque abbia una base di tipo etologico, e si approccia al mondo con questa ,sa quanto l’uomo sia molto più istintivo di ciò che ritiene e, gli animali siano molto più razionali di ciò che l’uomo attribuisce loro e, non può fare a meno di notarlo.

Da qualche anno, è venuta fuori una nuova moda quella “dell’intelligenza emotiva”, come se ne fossimo privi , evolutivamente parlando.

Come se nelle neuroscienze (quelle vere) non si conoscesse il famoso “circuito a specchio”.

Spuntano ovunque guru con “le 7 perle” , per diventare più empatici.

In paleoantropologia, la branca che studia l’evoluzione umana, una delle domande che ci si pone é, quanto lo sviluppo dell’empatia, abbia potuto contribuire al maggior successo della specie Sapiens rispetto alle altre, esistenti, sulla terra, 200.000 anni fa quando siamo comparsi.

Va da sé, che, in quanto animali, siamo già dotati della famigerata intelligenza emotiva, dei famosi nuclei sottocorticali.

Ma, il mercato, a un certo punto , ha creato questo nuovo bisogno.

In un modello sociale, fortemente improntato alla produttivitá, l’empatia e l’intelligenza emotiva servono da substrato per plasmare la miglior risorsa. Quella che produrrà di più. Non di certo la più empatica, o la più sensibile. Non esiste, di fatto un interesse a canalizzare le energie per una reale comprensione di chi abbiamo di fronte , al fine di creare relazioni sociali più piacevoli e, ambienti di lavoro più distesi. Anche perchè, l’empatia come la miglior produttività appartiene a tutti in modo diverso.

L’intelligenza emotiva nelle neuroscienze (sempre quelle vere) viene definita come di seguito

Empathy is a complex capability enabling individuals to understand and feel the emotional states of others, resulting in compassionate behavior. Empathy requires cognitive, emotional, behavioral, and moral capacities to understand and respond to the suffering of others.

poco ha a che vedere con i concetti spacciati per emotività oggi e cioè,

il team building

l’orientamento al risultato

la flessibiltà.

Detto questo è giusto fare un’altra disamina , ovvero come

Il contesto sociale in cui nasciamo e cresciamo, contribuisce molto, allo sviluppo di una maggiore sensibilità.

Il neurosviluppo e i processi di apprendimento ,che avvengono principalmente nelle prime fasi di vita (tendenzialmente i primi tre anni) e, nella adolescenza sono ciò che contribuiranno maggiormente allo sviluppo della nostra persona ( il cervello sará anche plastico ma, parliamo di una struttura biologica altamente complessa e, fossi in voi, mi guarderei bene, da chi parla di plasticitá cerebrale e comportamentale, con la stessa facilitá con cui si cambia l’acqua ai fiori)

Anche la capacità di comprendere l’altro, pertanto, é fortemente influenzata da ció che viviamo nei primi anni di vita.

Ora, tenendo bene a mente questo concetto, elementi come

il problem solving,

il team building,

la capacità di adattamento in contesti diversi tra loro,

la famosissima Resilienza.

Non sono doti che

  1. è detto che esistano
  2. se esistono, non è detto siano contemporanei nello stesso individuo e

3. che appartengano a tutti.

C’é, in alcuni ambienti più di altri, un meccanismo culturale coatto, atto, a far passare il concetto che, queste sono “il plus che può renderti migliore degli altri”.

Per questi molti si preoccupiamo di più di possedere, con avidità, il certificato delle 7 perle del guru emozionale, piuttosto che riflettere su chi sono o, su chi vogliono essere in realtá.

Perché se hai il certificato delle 7 perle del guru emozionale, automaticamente, sei nell’olimpo dei più emotivi , più efficienti nel processo produttivo, e poco importa se poi sei non curante di quelle che saranno le conseguenze delle tue azioni sugli altri… hai il certificato (anche se di fatto sei un poveraccio, umanamente parlando)

https://www.google.com/search?q=quelo&rlz=1C1CHBF_itIT887IT887&sxsrf=ALeKk03iELWXarU-92Yobav6IHw7Ec9Y4w:1592489415433&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=2ahUKEwjrgamvxYvqAhVv_SoKHZdXBukQ_AUoAXoECA4QAw&biw=1536&bih=706#imgrc=F31IV3Ow9ZvYAM

Ma la colpa di tutto questo, non è di nessuno è…

solo

sempre

la tua

che non possiedi abbastanza soft (s)Kills.

Una co-responsabilità,non esiste MAI.

Questo è il grande insegnamento di quella che oggi è spacciata per emotional intelligence.

Per quella che è la mia esperienza, nei luoghi socialmente considerati meno nobili, ho sempre ravvisato una sana intelligenza emotiva data dall’ esperienza di dinamiche lavorative, sociali e di potere che lasciavano poco margine di movimento.

Differentemente,

nei luoghi socialmente più stimabili, ho sempre trovato una cieca sopravvalutazione del sè e una raffinata elaborazione della realtà. Quasi maligna, nel pensare che tu sia li pronto a rubargli chissà cosa forse l’impudenza ma, ci vuole coraggio per raggiungere certi livelli. Meglio la pudicìzia.

Ti si gela il sangue nel vedere il vuoto pneumatico celato dietro le loro entusiastiche parole, imparate in qualche training day da 10 000 euro a seduta, dove ti addestrano a credere in te stesso e , non ad ascoltarti.

Oppure difronte a una paventata apatia travestita da frasi di circostanza a occhi bassi.

Delle e dalle famigerate Soft Skills, si deve imparare soprattutto, a farne a meno.

Diciamocelo, l’empatia non interessa a nessuno, è per poveracci!

Questo non è un mondo per persone realmente Soft ma duramente Kills.

Fanno solo curriculum.

https://www.lacooltura.com/2016/02/narciso-la-fatale-scoperta-del-se

Non esiste consapevolezza e realizzazione, se non attraverso la presa di coscienza del sè, ma la consapevolezza, non fa curriculum.

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